sabato 19 aprile 2008

LA FATICA DI AMARE





Oggi, riflettendo su alcuni fatti successi nei giorni passati alla Bussola, con alcuni ospiti abbiamo deciso il tema dell'affettività. Affettività intesa non solo tra uomo e donna, ma anche come rapporti amicali che si creano tra le persone che si trovano a vivere una condizione di disagio...


Ci si aiuta di più? Si è più solidali... o è una costante "guerra tra poveri"? Si creano delle vere amicizie?


E per quanto riguarda i rapporti uomo-donna, come sono vissuti? Quali sono le difficoltà maggiori che si trovano? Che cosa è cambiato rispetto "al prima"?


Affrontare questo tema non è facile, porta ogni persona ad esplorare una piccola parte di sè magari sepolta sotto il problema della casa, del lavoro, dell'autosufficienza, della salute... ma una brace che, se si soffia, brilla. E anche si un rosso acceso.


Abbiamo deciso a breve di aprire questa discussione a tutti gli ospiti del Centro Diurno, raccogliendo i differenti punti di vista e le esperienze a riguardo... impresa ardua???


Lo scopriremo a breve...


G., M. e Silvia



A volte scrivere di sentimenti è qualcosa di difficile, ostico, doloroso…abbiamo provato a parlare con alcuni ospiti di questo argomento, limitando la discussione alle persone che più si dimostravano propense e interessate ad aprirsi in maniera così intima e delicata.

La prima constatazione, un po’ amara, che esce dalle prime battute della nostra discussione, è che “in strada non esistono amici”, e me lo dicono M. e G. amareggiati, ma quasi rassegnati a questa realtà. Mi dicono che ognuno cerca di farsi amico “quello che ha le sigarette, quello che ha le conoscenze giuste, che ha soldi in quel momento”, ma poi, quando la fortuna gira, “gli amici” spariscono… mi raccontano che nella loro vita “di strada” non hanno incontrato nessuna persona vera, nessun amico sincero…E’ M. che mi racconta come avere poco porta le persone a farsi una vera e propria guerra anche per una fetta di pane: ognuno tiene le proprie cose ben strette e gli occhi bene aperti!!! Queste affermazioni mi fanno sorgere una domanda: ma perché, se si è tutti nella stessa barca, non si rema tutti nella stessa direzione? E’ difficile da spiegare: M. mi dice che ognuno pensa per sé, ognuno pensa a salvarsi, tenta di uscire da questa situazione senza rischiare per qualcun altro…il discorso prende una piega animata, ma anche dura…

Ma le parole si fanno più rade quando iniziamo a parlare del rapporto con le donne: Daniele, prima di andarsi a fumare una sigaretta, ironizza “e femene zè poche e anca tute brute”; i rimanenti tentennano.
G. è il primo a dirmi che una persona in strada, prima di pensare ad una relazione con una donna, deve risolvere il problema della casa, del lavoro, dell’autonomia…e poi e poi e poi…e poi viene il pensiero di una donna: anche l’impulso sessuale sembra essere sepolto da così tanti problemi.
“Ma come si può piacere ad una donna se non si ha neanche una casa dove portarla a cena???!!”, mi dice M., che con il pensiero, va alla sua situazione sentimentale al “prima” di essere in strada: lui, una donna, ce l’aveva, ma ne è rimasto scottato, e quasi sembra non volerne più sapere. Mi racconta di coppie che si sono formate in strada, che vivono comunque situazioni di disagio:mi spiega di quanto è difficile per loro avere una propria vita intima in una struttura come l’Asilo Notturno, dove uomini e donne dormono in camerate separate…

Molte domande, e non per tutte vi sono risposte: alcune di queste fanno quasi trapelare l’idea che in certe condizioni “estreme” della vita umana, alcune tipologie di relazioni vanno via via logorandosi, fino a sparire: amicizia, amore, solidarietà sembrano concetti così lontani... lontani per scelta, per costrizione… o perché la vita, con i suoi problemi, i suoi imprevisti, i suoi scherzi beffardi ci ha portati a non crederci più?

M., G., Daniele, Simone e Silvia






sabato 12 aprile 2008

COSA SI NASCONDE DIETRO LE CURVE DELLA VITA...



31 Marzo 2008

CASA NUOVA... VITA NUOVA???!

Sono da poso passate le 18.00 (sono sempre in puntualissimo ritardo) quando arrivo all’ Asilo e M. mi sta già aspettando ansioso con un caffè in mano… è arrivato, con le sue gioie, malinconie e problemi, il tanto atteso giorno: il trasferimento di M. dal Torresino alla seconda accoglienza!!
Sono emozionata: quasi quasi sembra che mi debba trasferire io, perché non sto più nella pelle a caricare i bagagli… ma quanti sono??!! M. ha quattro valige rigide, altrettanti borsoni e alcuni sacchi… mi chiedo se tutte queste cose siano proprio indispensabili…
Insieme agli operatori del Torresino carichiamo la mia povera macchina, che è quasi agonizzante, riuscendo a farci stare (quasi) tutto… ed eccoci pronti a salpare… verso (stavolta lo posso dire) CASA!!
Durante il viaggio M. ha gli occhi che brillano, mi da consigli sul modo di guidare (“Và piano! Và piano!”… “Lascia la precedenza…!” ), è allegro ci facciamo alcune foto con la macchinetta che ho portato per immortalare questo giorno… M. è all’Asilo notturno da più di tre anni, anni in cui ha dormito in stanza con altre 5 persone, in una struttura che ne accoglie 90, con orari e regole ferree ( che dipendevano molto dagli operatori di turno), con persone più o meno amichevoli e simpatiche… (gli ospiti dell’Asilo Notturno sono giovani, anziani, alcolisti, tossicodipendenti, italiani, stranieri, persone sole abbandonate anche dai familiari…).
Mentre sono al volante penso che non deve essere stata una vita facile, che adesso starà meglio, senza più orari fissi e obblighi di convivenza con così tante persone differenti…
Dopo un viaggio di una ventina di minuti, arriviamo all’appartamento (che è proprio sopra il posto di lavoro di M….un sogno!!) e iniziamo a scaricare tutte quelle pesanti valige e sacchi mentre il nuovo coinquilino ci viene a salutare e ci offre di aiutarci a portare la valige. Nel frattempo arriva Anna (operatrice della seconda accoglienza e de “La Bussola”) e così saliamo tutti quanti: l’appartamento è molto ampio ( intanto penso, è molto più grande di quello in cui vivevo io a Firenze, ha una sala da pranzo spaziosissima!), ordinato e pulito: M. è in una stanza doppia e, anche se il suo coinquilino è un po’ disordinato, credo si troverà bene.
Eppure….che succede? Vedo M. pensoso, quasi triste… triste??! Lo sento emozionato, ma anche un po’ perso. Chiede di tornare a dormire all’Asilo Notturno, almeno per quella notte…alle valige ci penserà domani. In un attimo mi sono passati per la testa tutti quei discorsi che M. mi aveva fatto nei mesi precedenti, le sue perplessità sul come arrivare a fine mese: è vero, una casa è un tetto, è accoglienza, è un letto, ma sono anche bollette, spese, conti da far tornare a fine mese. ( Non di solo pane vive l’uomo!!!).
Una casa è non avere più cinque compagni di stanza che non fanno dormire o disturbano, ma è anche non avere più la compagnia dei ragazzi dell’animazione due sere la settimana (l’unica compagnia è la televisione, la radio o i dischi).
Una casa è anche una cucina, ma è non avere i buoni Caritas e perdere l’appoggio della Bussola.
Una casa è lasciare tutte le regole, il controllo, il sostegno, la routine, le facce che per anni (nel bene e nel male) hanno caratterizzato la vita di una persona “di strada”, e ricominciare daccapo a costruirsi un’esistenza, giorno dopo giorno.
In quel momento ho riguardato le valige e ho capito tante cose che prima, ai miei occhi, erano sfuggite: dentro quei bagagli, così pieni, così gonfi, M. non aveva solo vestiti, ma anche un pezzetto di vita (ricordi lontani, indirizzi che l’hanno aiutato prima di uscire dal Carcere) durata tre anni, che per certi versi non voleva mollare… come si ci volesse stare ancorato e non volesse staccarsene del tutto…


Oggi, a distanza di due settimane, M. si sta iniziando ad abituare a questa nuova vita, anche se la convivenza con i nuovi coinquilini non è sempre facile: ognuno ha i suoi orari, lavori e ritmi… e il dialogo è essenziale per una vita serena.

Silvia e M.